giovedì 23 febbraio 2012

Taci (e ascolta)


Camminavo da ore ormai. Il sole diventò una striscia di silenzio arancione, fu allora che mi accorsi di essere arrivata all'ingresso di quel piccolo bosco nel quale non avevo mai avuto il coraggio di addentrarmi. Non so perché, ma pensavo che oltrepassando la soglia di quel fitto groviglio di foglie mi sarei persa, per non tornare mai più. Forse perché un pomeriggio, davanti al camino, mio nonno, con quegli occhi azzurri e il sorriso di carta crespa mi raccontò la storia di un fantasma che abitava fra quelle fronde e che si divertiva a chiamare i visitatori di quel posto incantato, senza mai mostrarsi. D'altronde, era un fantasma. Avevo continuato a mangiare pistacchi, riflettendo su quella buffa storia. Poi non ci pensai più.
Camminavo da ore, e avevo voglia di continuare a farlo. Superai la prima fila di alberi. Il silenzio era immenso. Credo fosse la prima volta che mi capitava di sentirlo per davvero. Ma eterno, in sottofondo, il brusio dei miei pensieri mormorava incessante. Cercai di spegnerlo, mentre accarezzavo la corteccia ricoperta di muschio. Volevo stare con quella parte di me stessa che il più delle volte restava nascosta, sotto tutto il resto. Quella parte che nessuno conosce.
Camminavo da ore. In mezzo al verde scuro e alle lame di luce che sempre più invisibili mi sfioravano. Appoggiai la schiena a un tronco umido, mi sembrò di cadere addormentata. Poi la sentii, una voce sottile, che mi chiamava. Pronunciava le erre così lentamente. Sapeva il mio nome, lo sapeva da sempre, forse. Provai a darle un volto. Non ci riuscii. Immaginai due occhi azzurri però, chiarissimi, che leggeri mi sorridevano.

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