Svegliami. Sfiora la
punta rotonda del mio naso alle tre del mattino, quando neanche il
buio può accusarti di eccessiva dolcezza. Parlami con suoni opachi,
senza muovere le lenzuola. Scrivimi. Traccia le tue parole di
inchiostro liquido sui fogli stropicciati di cui son fatta.
Lettere sparpagliate
sulla scrivania, alcune ancora chiuse, altre strappate. Tutte,
indistintamente, ingiallite dal tempo. Credeva di averle dimenticate,
durante un trasloco frettoloso, nell'angolo di una cantina umida. E
invece eccole lì, tutte, senza data né luogo, senza nessuna inutile
firma.
Si scambiavano lettere.
Era ridicolo, diceva lei. Era nostalgico, diceva lui.
Dici che siamo
nostalgici. Eppure siamo qui, a vivere questa cosa insieme, questa,
come dire, storia. Questa buffa unione di mente – corpo nel
presente – passato. Abbiamo nostalgia di una cosa che ancora c'è.
Nostalgia.
Di qualcosa che c'è. Lo scrive sulla sua piccola agenda blu. Eppure
definirla, quella sensazione, era impossibile. Sfoglia le pagine a
ritroso, tante frasi scritte di fretta, vaghe spiegazioni,
impossibili tentativi di disperata concretizzazione. Siamo
qualcosa.
Di
quella volta in cui lei stava per parlare, ma poi non disse niente.
Ché non amava dirle, certe cose.
Le parole sono belle
così, scritte. Ma non tutte. Ce ne sono alcune che segui con lo
sguardo, ne percorri le insenature con le dita. Altre le immagini e
basta. Sennò è tutto così terribilmente privo vie di fuga.
Le
lettere sono lì, tutte. Le legge, cerca di ricomporre le loro
conversazioni lontane sulla base di quelle risposte scritte con una
matita calcata fino a spezzarne la punta. Grigio sbavato da una mano
sinistra che violenta strisciava sulla carta. E non ci riusciva, a
stare dietro a quei pensieri irrimediabilmente ammassati, non ci
riusciva mai.
Sono alla continua
ricerca di prove che possano confutare l'importanza delle
definizioni.
Era
bella, quando scriveva. Non l'aveva mai vista scrivere. L'aveva vista
inspirare forte il profumo del limone, o muovere le labbra mentre
studiava i suoi appunti di giapponese, o stringere i pugni quando
leggeva il giornale. Ma scrivere, non l'aveva vista mai. Eppure
poteva scommetterci, che era bella.