giovedì 16 febbraio 2012

La grande onda


(da un sogno, strano e bellissimo, che ha anche una colonna sonora)

Il piccolo televisore portatile appartenente a un'epoca ormai dimenticata era appoggiato sulla sabbia e gracchiava ininterrottamente. Ogni tanto si riusciva a distinguere una parola, poi solo fruscii. Sullo schermo, puntini bianchi e neri. Tutto era privo di colori laggiù. Non c'era più nessuno. Si godevano quella pace immobile, dopo anni di chiassosa civiltà.
Seduti sulla sabbia umida, a un metro dalla riva, guardavano lo spettacolo davanti ai loro occhi. Il Golden Gate, deserto e imponente, scompariva in mezzo a una nuvola bassa. Grigia, piena di gocce che dovevano ancora cadere. Forte, sotto il rumore del minuscolo televisore, si sentiva. Era impossibile ignorarlo. Il silenzio.
Loro erano gli ultimi. Avevano deciso di sedersi lì, quella domenica, ad ascoltare il loro programma preferito, sgranocchiando patatine rancide e guardandosi negli occhi, ogni tanto. Le loro domeniche insieme erano sempre speciali. Sempre.
Il piccolo cubo senza colori si spense.
“Che succede?”
“Succede che ci siamo. È lei”
Lei gli strinse il braccio, forte. E poi la videro. L'onda. Immensa, assoluta, sovrastava ogni cosa. Il ponte, le strade, la sabbia, il piccolo televisore, i due ragazzini. Tutto, in quel momento, fu travolto dall'onda. Per un istante quasi eterno l'acqua ricoprì tutto, investendo i loro corpi esili, spazzando via le carcasse arrugginite di vecchie macchine e riempiendo le crepe nei muri.
Poi si ritirò, quell'onda infinita. Lentamente. Fiera, silenziosa.

“...”
“Ho freddo”
Il ponte, a parte qualche piccola frattura scomposta, era ancora in piedi. Lei stava immobile e lo fissava con gli occhi spalancati.
“E' tutto normale. Stai tranquilla”

Si erano incontrati lì, anni prima. Lei aveva occhi nerissimi, i capelli viola, talmente corti da sparire sotto il cappuccio della felpa troppo grande. Lui scriveva storie raccapriccianti su un quadernino giallo. E gliele raccontava per farla addormentare, la sera. Sapevano di essere rimasti solo loro. Sapevano che sarebbero dovuti restare insieme molto a lungo.
Lui le baciò la fronte bagnata e la prese per mano. Si alzarono lentamente. Magrissimi, tremanti. Voltarono le spalle al mare, al ponte, alla loro domenica ormai finita. Il tramonto arancione, accecante, dietro di loro.
“Ti ho mai raccontato cos'è successo nella cantina di quella casa laggiù, al numero 23?”

Continua. Forse.

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